“Joker”, di Todd Phillips, è una origin story del più famoso nemico di Batman ma è stato scelto Joaquin Phoenix come protagonista per discostarsi dal percorso cinematografico della DC Comics (o come si usa dire adesso: il DC Cinematic Universe). L’ultimo Joker comparso nell’universo dei fumetti DC al cinema in “Suicide Squad”, infatti, aveva il volto di Jared Leto. Sinceramente non sapevo cosa aspettarmi dal film: un film su Joker che ha vinto il leone d’oro all’ultimo festival di Venezia. “Strano”, ho pensato. Ho temuto che ci fosse “puzza di intellettualismo cinefilo”. I riferimenti al mondo raccontato dalla “storiografia ufficiale” di Batman, ci sono tutti. “Joker” però si discosta molto da quello che potremmo definire un cinecomic classico. E’ un film che ti colpisce come un pugno dritto nello stomaco. Nel senso che tocca le ferite e le fragilità più intime dello spettatore, che arriva a comprendere e giustificare il percorso che porta Arthur Fleck a diventare Joker. E’ un film che ti resta dentro, una volta che sei uscito dalla sala. Non puoi fare a meno di pensare a come il vero mostro sia la società che, chiusa nei suoi egoismi e nella sua cecità superficiale, non si curi degli “ultimi” e crei così i suoi nemici. Non puoi sentire e comprendere questo film se non hai sofferto davvero almeno una volta nella vita. Credo che tutto ruoti attorno ad una battuta del protagonista: “Il lato peggiore della malattia mentale è che la gente vorrebbe che tu ti comportassi come se non la avessi”. Il tutto è reso credibile e toccante da un Joaquin Phoenix davvero in parte: magrissimo, sofferente, dolente, dolce ma dagli scatti follemente violenti.
Ho molto apprezzato che il film riprenda l’iconografia classica di Joker: capelli, vestiti, trucco e movenze (meravigliosa la danza leggera e delirante del personaggio sulle scale). La danza, che sottolinea i momenti di follia in cui Arthur diventa Joker, mi ha ricordato molto la rappresentazione del primo Joker che ho conosciuto: quello interpretato da Cesar Romero nel telefilm cult “Batman” degli anni ’60. Consigliato? Porca miseria, sì.

 

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Author: VISIONAIR

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